Vita
1564
La nascita
Il 15 febbraio, da Vincenzo Galilei (1520-1591), musicista fiorentino, e da Giulia Ammannati (1538-1620) di Pescia, nasce a Pisa Galileo Galilei, in una casa "posta nel chiasso dei Mercanti". Il 19 febbraio è battezzato nel Battistero del Duomo di Pisa.
1564
1574
Da Pisa a Firenze
Galileo, probabilmente verso la fine dell’anno, si trasferisce con la famiglia da Pisa a Firenze.
1580
Fra gli artisti a Pisa
Il 5 settembre Galileo è immatricolato tra gli studenti della Facoltà delle Arti dello Studio di Pisa.
1580
1583
Il fascino di Euclide
Secondo quanto riferito da Vincenzo Viviani (1622-1703), Galileo inizia lo studio della geometria sotto la guida di Ostilio Ricci (1540-1603), che ricopre le mansioni di insegnante di matematica presso la Corte granducale toscana. Il giovane Galileo rimane affascinato dagli "Elementi" di Euclide. La geometria, infatti, svolgerà un ruolo importante nello sviluppo del suo pensiero scientifico.
1583
Le oscillazioni della lanterna
Secondo la testimonianza di Vincenzo Viviani (1622-1703), Galileo osserva l’isocronismo delle oscillazioni del pendolo nella lucerna della Cattedrale di Pisa. Da ciò dedurrà che il periodo dei pendoli di eguale lunghezza è costante qualunque sia l’ampiezza dell’oscillazione. Tuttavia, il primo documento in cui lo scienziato formula il principio è una lettera a Guidobaldo del Monte (1545-1607) del 29 novembre 1602. In realtà, come dimostrerà nel 1659 lo scienziato olandese Christiaan Huygens (1629-1695), l’isocronismo caratterizza soltanto i pendoli che compiono oscillazioni cicloidali.
1583
1589
Professore di matematica a Pisa
Galileo ottiene in luglio la cattedra di matematica nello Studio di Pisa. Domenica 12 novembre legge l’orazione inaugurale e il 14 inizia le lezioni. Tiene un corso nel quale illustra il primo libro degli "Elementi" di Euclide. Nello stesso anno compone i versi satirici del "Capitolo contro il portar la toga", diretti a sbeffeggiare il costume imposto ai professori dell’Università di Pisa di vestire, appunto, la toga, non solo nel corso delle lezioni, ma anche al di fuori dell’attività e delle mura accademiche.
1592
Nella Repubblica di Venezia
Insoddisfatto delle condizioni dell’incarico accademico pisano, Galileo si reca nel mese di agosto a Venezia per ottenere la cattedra di matematica dello Studio di Padova, che il Senato veneziano gli assegna il 26 settembre. Il 7 dicembre tiene la prolusione al corso e il 13 inizia le lezioni. Lo scienziato pisano lascia il Granducato di Toscana per la Repubblica di Venezia, dove trascorrerà diciotto anni molto produttivi.
1592
1597
Il compasso geometrico e militare
Galileo concepisce il compasso geometrico e militare, un sofisticato e versatile strumento di calcolo atto ad eseguire numerose operazioni geometriche e aritmetiche sfruttando la proporzionalità tra i lati omologhi di due triangoli simili. Un preziosissimo esemplare è conservato presso l’Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze.
1600
La relazione con Marina Gamba e la prima figlia
Dalla relazione con Marina Gamba, il 13 agosto nasce la primogenita di Galileo, battezzata nella chiesa di San Lorenzo a Padova con il nome di Virginia (1600-1634). Lo scienziato le prepara l’oroscopo.
1600
1601
La seconda figlia
Il 18 agosto nasce la seconda figlia di Galileo, battezzata nella chiesa di San Lorenzo a Padova con il nome di Livia (1601-1659). Lo scienziato, come già aveva fatto per la primogenita Virginia (1600-1634), le prepara l’oroscopo.
1602
L'isocronismo e la legge delle corde
In una lettera a Guidobaldo del Monte (1545-1607) del 19 novembre, Galileo enuncia due assunti: 1) il principio dell’isocronismo pendolare, in base al quale tutte le oscillazioni di pendoli di eguale lunghezza hanno la stessa durata, indipendentemente dalla loro ampiezza e dalla grandezza della massa oscillante; 2) la legge delle corde, secondo la quale il tempo di discesa lungo ogni corda di un cerchio verticale rimane lo stesso a prescindere dalla lunghezza e dalla inclinazione del piano. Entrambi gli assunti attestano, dunque, che i moti di caduta lungo archi circolari avvengono sempre in lassi di tempo eguali.
1602
1605
Contro gli aristotelici
Il 28 febbraio esce il "Dialogo de Cecco di Ronchitti da Bruzene in perpuosito de la Stella nuova" come risposta al "Discorso intorno alla nuova stella" di Antonio Lorenzini. Si tratta di un'aspra satira in dialetto pavano delle posizioni peripatetiche in materia di novità celesti. Galileo ne è forse coautore insieme al benedettino Girolamo Spinelli (ca. 1580-1647).
1606
Il terzo figlio
Il 21 agosto nasce il terzogenito di Galileo, che viene battezzato nella parrocchia di Santa Caterina, a Padova, con il nome del nonno paterno, Vincenzo (1606-1649).
1606
1610
Il "Sidereus Nuncius"
Il 12 marzo esce a Venezia il "Sidereus Nuncius", pubblicato in 550 esemplari, subito esauriti. L’opera, dedicata al Granduca di Toscana Cosimo II de’ Medici (1590-1621), rende note al mondo le straordinarie novità introdotte in astronomia dall’uso del cannocchiale. Johann Kepler (1571-1630) esprimerà un giudizio molto favorevole nei riguardi del lavoro di Galileo.
1611
L'Accademia dei Lincei
Il 25 aprile Galileo è ascritto all’Accademia dei Lincei. Si deve a Federico Cesi (1585-1630), fondatore dell’Accademia, la proposta di denominare il prodigioso strumento di osservazione "telescopio" [dal greco "tele" (lontano) e "scopeo" (vedo)]. Nei mesi di aprile e maggio, Galileo osserva, oltre ai Pianeti Medicei, anche le macchie solari. Agli inizi di giugno Galileo lascia Roma per rientrare a Firenze.
1611
1612
Studi di idrostatica
Alla fine di maggio esce a Firenze il "Discorso intorno alle cose che stanno in su l’acqua o che in quella si muovono", opera di Galileo in difesa dell’idrostatica archimedea, motivata da un’aspra contesa insorta con alcuni aristotelici toscani.
1613
Le macchie solari
Nel mese di marzo viene stampata a Roma, a cura dell’Accademia dei Lincei, la "Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari" (Roma, 1613), in cui Galileo disputa sulla priorità della scoperta del fenomeno con il gesuita Christoph Scheiner (1573-1650).
1613
1613
La prima "lettera copernicana"
In una lettera a Benedetto Castelli (1577/8-1643), datata 21 dicembre, Galileo cerca di definire gli ambiti propri della ricerca scientifica e della religione. Si tratta della prima delle cosiddette "Lettere copernicane", nelle quali lo scienziato pisano si esprime per una interpretazione che vada oltre il significato puramente letterale delle Sacre Scritture.
1614
Il duro attacco di Tommaso Caccini
La quarta domenica dell’Avvento (21 dicembre) il domenicano Tommaso Caccini (1574-1648), dal pulpito della Basilica di Santa Maria Novella a Firenze, pronuncia un sermone contro Galileo e la dottrina copernicana, sottolineando come la Sacra Scrittura contraddice la teoria eliocentrica. Qualifica inoltre i matematici come portatori di eresia.
1614
1615
Le "Lettere copernicane"
Il 16 febbraio e il 23 marzo Galileo scrive due lettere a Monsignor Piero Dini (?-1625) in difesa del sistema copernicano, ribadendone la congruenza con le Sacre Scritture. A giugno termina la stesura di un’ampia lettera a Cristina di Lorena (1565-1636), Granduchessa di Toscana, circa i rapporti fra ricerca scientifica e autorità delle Sacre Scritture. Le tre lettere, con quella scritta a Benedetto Castelli (1577/8-1643) il 21 dicembre 1613, costituiscono le cosiddette "Lettere copernicane".
1616
L'ammonizione di Bellarmino
Alla fine di febbraio si riunisce la Congregazione dei teologi del Santo Uffizio per deliberare in merito alla censura nei confronti dell'opinione a favore della mobilità della Terra. La teoria della centralità del Sole nell'universo viene dichiarata «stolta, assurda e formalmente eretica», la tesi della mobilità terrestre è ritenuta assurda dal punto di vista filosofico ed erronea rispetto alla fede. Il 26 febbraio Galileo, alla presenza di Padre Michelangelo Seghezzi, Commissario del Santo Uffizio, e di due testimoni, viene ammonito dal cardinale Roberto Bellarmino (1542-1621) a non tenere, insegnare e difendere in alcun modo la dottrina copernicana. Galileo acconsente e promette di ubbidire. Il 3 marzo Bellarmino riferisce alla Congregazione del Santo Uffizio in merito all'ammonizione inflitta a Galileo. Il 5 marzo la Congregazione dell'Indice sospende il "De revolutionibus orbium coelestium" (Norimberga, 1543) di Niccolò Copernico (1473-1543), fino a che non venga corretto da un'apposita commissione. Il 26 maggio Bellarmino rilascia a Galileo un attestato in cui si chiarisce che lo scienziato «non ha abiurato in mano nostra né di altri qua in Roma, né meno in altro luogo che noi sappiamo, alcuna sua opinione o dottrina». Il 4 giugno, dopo sei mesi di permanenza a Roma, lo scienziato parte per Firenze.
1616
1619
La discussione sulle comete
Probabilmente nel mese di maggio, Mario Guiducci (1584-1646) tiene all’Accademia Fiorentina il "Discorso delle comete", redatto con Galileo e pubblicato a stampa nel mese successivo. Ad ottobre il gesuita Orazio Grassi (1583-1654) pubblica a Perugia, sotto lo pseudonimo di Lotario Sarsi, la "Libra astronomica ac philosophica", in cui attacca l’interpretazione dei fenomeni cometari di Galileo.
1623
La pubblicazione del "Saggiatore"
Agli inizi di febbraio il revisore, il domenicano Niccolò Riccardi (1585-1639), concede l’approvazione per la stampa de "Il Saggiatore" (Roma, 1623). Oltre a Federico Cesi (1585-1630), un altro accademico dei Lincei, Johann Faber (1574-1629), rivede accuratamente il testo galileiano pochi giorni prima della stampa. L’opera, pubblicata alla fine di ottobre e curata dall’Accademia dei Lincei, è dedicata al nuovo Papa Urbano VIII (1568-1644), salito al soglio pontificio il 6 agosto. Il lavoro è oggi generalmente considerato il manifesto metodologico di Galileo e il suo capolavoro letterario.
1623
1624
L'«occhialino per veder da vicino le cose minime»
Il 10 maggio, nel corso di una riunione romana, Galileo regala al cardinale Federico Eutel di Zollern un microscopio con il quale mostra ai presenti l’ingrandimento di una mosca. A settembre lo scienziato pisano invia a Federico Cesi (1585-1630) un «occhialino per veder da vicino le cose minime». Lo strumento aprirà straordinarie prospettive di ricerca nelle scienze naturali. Un esemplare di microscopio composto galileiano, realizzato nella seconda metà del secolo XVII, attribuito al famoso costruttore Giuseppe Campani (1635-1715), è oggi conservato presso l’Istituto e Museo di Storia della Scienza.
1626
L'armatura delle calamite
Galileo riprende gli studi sull'armatura delle calamite, che aveva avviato durante il periodo veneziano. Il 27 giugno lo scienziato pisano comunica a Cesare Marsili (1592-1633) di essere riuscito «a fare che un pezzetto di 6 oncie, che per sua forza naturale non sostiene più di un'oncia di ferro, ne sostiene con arte oncie 150». Nella risposta alla lettera, Marsili scrive di aver avuto notizia che lo svizzero Bartolomeo Sovero (ca. 1577-1629) era riuscito a moltiplicarne la potenza di sessanta volte, assai poche rispetto alle centocinquanta dell'amplificazione galileiana. Esemplari di calamite armate sono oggi conservate presso l'Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze.
1626
1631
Galileo ad Arcetri
Su segnalazione di Suor Maria Celeste (1600-1634), nel mese di settembre Galileo prende in affitto la villa denominata "Il Gioiello", ubicata in prossimità del Monastero di San Matteo in Arcetri nel quale si trovano le figlie.
1632
Il "Dialogo sopra i due massimi Sistemi del Mondo"
Viene pubblicato a Firenze, presso lo stampatore Giovanni Battista Landini, il "Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo" (Firenze, 1632), capolavoro di scienza e di lettere. Il 22 febbraio Galileo presenta l’opera al Granduca Ferdinando II de’ Medici (1610-1670). Ma già a metà dell’anno si registrano i primi problemi. Si inizia a parlare di una possibile proibizione del "Dialogo". Il 1° ottobre Galileo riceve dall’inquisitore fiorentino, Clemente Egidi, l’ingiunzione di presentarsi entro la fine del mese a Roma, presso il Santo Uffizio. Per ragioni di salute, rimanda più volte la partenza. Il 30 dicembre Urbano VIII (1568-1644) fa intimare all’Inquisitore fiorentino che il Santo Uffizio manderà a Firenze, a spese di Galileo, un commissario e dei medici, al fine di accertare le condizioni di salute dello scienziato. Appena i medici troveranno che Galileo è in grado di sostenere le fatiche del viaggio, l’Inquisitore dovrà mandarlo a Roma in stato di prigionia e in catene.
1632
1633
La condanna e l'abiura
Il 21 giugno, in esecuzione all’ordine del Pontefice Urbano VIII (1568-1644), Galileo è di nuovo di fronte al Santo Uffizio per essere interrogato sulle sue reali intenzioni. Pur minacciato di tortura, lo scienziato protesta di avere, dopo il precetto ricevuto nel 1616, sempre tenuta per falsa l’opinione copernicana e di non averla mai difesa. Infine, il giorno seguente, nella sala del convento dei domenicani di Santa Maria sopra la Minerva, viene letta la sentenza di condanna e Galileo è costretto a pronunciare e firmare una solenne abiura.
1633
Il rientro ad Arcetri
Il 1° dicembre 1633 la Congregazione del Santo Uffizio concede allo scienziato di far ritorno al "Gioiello", ma gli proibisce di ricevere persone con le quali discutere di argomenti scientifici. Negli ultimi giorni dell’anno riceve la visita del Granduca di Toscana Ferdinando II de’ Medici (1610-1670).
1633
1634
La morte della figlia prediletta
A febbraio Galileo fa istanza al Santo Uffizio perché gli venga concesso il permesso di recarsi a Firenze per curare le proprie infermità. La richiesta non viene accolta e la Congregazione ammonisce lo scienziato ad astenersi in futuro da simili istanze, minacciandolo di carcerazione nelle prigioni del Santo Uffizio. Il 2 aprile muore nel convento di San Matteo in Arcetri la figlia Virginia, Suor Maria Celeste (1600-1634), che aveva assistito amorevolmente il padre sia durante le drammatiche vicissitudini del processo, sia nel periodo seguente la condanna. La perdita della figlia prediletta è un colpo durissimo per il vecchio scienziato.
1638
La cecità
Il 13 febbraio, su ordine di Urbano VIII (1568-1644), Galileo è visitato dall’Inquisitore di Firenze e da un medico. L’inquisitore riferisce al cardinale Francesco Barberini (1597-1679) di aver trovato lo scienziato cieco e «tanto mal ridotto, che ha più forma di cadavere che di persona vivente». Il 25 febbraio il Santo Uffizio lo autorizza a trasferirsi dalla villa "Il Gioiello" alla casa fiorentina di Costa San Giorgio per curarsi dalla sua indisposizione. A marzo gli viene comunicato il decreto con cui gli è accordata la grazia di potersi trasferire, sotto certe condizioni, in città per ricevere adeguate cure mediche. Gli è concesso anche di recarsi nei giorni festivi alla Chiesa più vicina, di confessarsi e di comunicarsi, ma non deve intrattenersi con altre persone.
1638
1638
I "Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze"
Nel mese di luglio viene completata la stampa dei "Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze" (Leida, 1638). L’opera, pubblicata dagli Elzevier a Leida, in Olanda, costituisce l’atto di nascita della moderna scienza del movimento.
1642
La morte
L’8 gennaio, alle quattro del mattino, Galileo muore nella Villa il Gioiello ad Arcetri. Vincenzo Viviani (1622-1703), nel suo "Racconto Istorico della Vita del Sig.r Galileo Galilei", così descrive gli ultimi momenti del maestro: «Sopragiunto da lentissima febbre e da palpitazione di quore, dopo due mesi di malattia che a poco a poco gli consumava gli spiriti, il mercoledì dell'8 di Gennaio del 1641 "ab Incarnatione" [1642], a hore quattro di notte, in età di settantasette anni, mesi dieci e giorni venti, con filosofica e cristiana constanza rese l'anima al suo Creatore, inviandosi questa, per quanto creder ne giova, a godere e rimirar più d'appresso quelle eterne et immutabili maraviglie, che per mezzo di fragile artifizio con tanta avidità et impazienza ella aveva procurato di avvicinare agl'occhi di noi mortali».
1642
1642
La sepoltura
Il 9 gennaio la salma di Galileo è deposta nella Basilica di Santa Croce, in una piccola stanza attigua alla Cappella dei Santi Cosma e Damiano. Il progetto della edificazione di un sepolcro monumentale incontra le ostilità delle autorità ecclesiastiche che fanno notare al Granduca di Toscana Ferdinando II de’ Medici (1610-1670) l’inopportunità di erigere un monumento a un uomo condannato dalla Chiesa per «veemente sospetto di eresia».