Strumenti
Compasso geometrico e militare
SALA VII
Uno dei numerosi compassi costruiti da Galileo a partire dal 1597. Potrebbe trattarsi dell'esemplare donato da Galileo a Cosimo II assieme alla stampa de Le operazioni del compasso geometrico et militare, pubblicate a Padova nel 1606. Il compasso galileiano, che non va confuso con il compasso da disegno, è un sofisticato e versatile strumento di calcolo atto ad eseguire numerose operazioni geometriche e aritmetiche sfruttando la proporzionalità tra i lati omologhi di due triangoli simili.
Cannocchiale
SALA VII
Il Museo Galileo conserva gli unici due cannocchiali costruiti da Galileo giunti fino a noi. L’esemplare rivestito in pelle con decorazioni in oro fu donato dallo scienziato toscano al granduca Cosimo II. Lo strumento è formato da un’ossatura di listelli di legno sui quali è incollata la pelle di rivestimento, originariamente di colore rosso. Alle estremità del tubo si trovano due bariletti che alloggiano le lenti il cui potere di ingrandimento è di circa 21 volte.
L’altro esemplare, costituito da due gusci di legno tenuti insieme da filo metallico e rivestiti di carta, presenta in prossimità dell’obbiettivo un’annotazione di Galileo sulla lunghezza focale dello strumento. In questo caso l’ingrandimento è di circa 14 volte.
Fu usando telescopi di questo tipo che, a partire dall’estate del 1609, Galileo compì le sensazionali osservazioni celesti che lo resero famoso.
Microscopio composto galileiano
SALA VII
Il microscopio composto, in cartone, pelle e legno, è inserito in un supporto di ferro con tre gambe ricurve. Il tubo esterno è ricoperto di cartapecora verde con decorazioni in oro. Sono presenti tre lenti (una obiettiva, una di campo e una oculare), tutte biconvesse. Si tratta di uno strumento molto importante, la cui costruzione, assegnata tradizionalmente a Galileo, sembra più plausibile attribuire a Giuseppe Campani. Fu Johannes Faber, membro dell'Accademia dei Lincei, a battezzare, nel 1625, l'occhialino di Galileo con il termine microscopio.
Termoscopio
SALA VII
Il termoscopio è costituito da una caraffa di vetro della grandezza di un uovo con un lungo collo. Questa caraffa viene riscaldata con le mani e immersa parzialmente, in posizione rovesciata, in un recipiente pieno d'acqua. Quando veniva sottratto alla caraffa il calore delle mani, si osservava che l'acqua saliva nel collo. L'esperienza evidenziava le variazioni della densità dell'aria prodotte dalle variazioni di temperatura. Vincenzo Viviani, nella Vita di Galileo, afferma che il termoscopio fu messo a punto dallo scienziato nel 1597.
Grande calamita armata
SALA VII
A lungo conservata nella Galleria degli Uffizi, dove la osservò e descrisse Cornelis Mejjer, questa calamita fu da quest'ultimo riarmata per restituirla alla efficacia originaria. Il Mejjer ricordava anche che il prezzo delle calamite eccezionali come questa era esorbitante. Non a caso, nel 1609, Cosimo II aveva pagato ben 100 doppie (cioè 200 scudi d'oro) per acquistare, su consiglio di Galileo, una calamita dalla straordinaria forza attrattiva posseduta a Venezia da Giovanfrancesco Sagredo. Tale calamita è andata perduta.
Vite di Archimede
SALA VII
L'apparecchio è costruito sullo stesso principio dello strumento inv. 998 e, come quello, è detto vite di Archimede, dal nome dello scienziato che per primo ideò un analogo congegno. Una lamina di ottone è incernierata su una base di legno e la sua inclinazione può venire modificata da una staffa mobile pure di ottone. Sulla lamina è imperniato un tubo di vetro chiuso da due ghiere di ottone e munito di una manovella. Le ghiere recano delle lamine elastiche che trattengono un tubo elicoidale di vetro. Ruotando la manovella l'acqua sale nel tubo elicoidale. Lo strumento proviene dalle collezioni lorenesi.
Leva di secondo genere
SALA VII
Leva di secondo genere, proveniente dalle collezioni lorenesi e costruita sulla base di un modello proposto da Willem Jacob 's Gravesande nei Physices elementa mathematica, experimentis confirmata (III ed., Leiden, 1742).
Una colonnina tornita, fissata ad una base sagomata, sostiene l'asta con contrappeso e due tacche che permettono di variare la posizione del fulcro. Una seconda colonnina sostiene una puleggia sulla quale scorre una funicella collegata ad un peso che funge da potenza. Infine, due piattelli di piombo, appesi alla leva, rappresentano la resistenza. Quindici chiodini, che suddividono l'asta in segmenti uguali, consentono di variare l'applicazione della resistenza.
Modello dell'applicazione del pendolo all'orologio
SALA VII
Costruito nel 1877 dall'orologiaio fiorentino Eustachio Porcellotti, questo modello funzionante deriva dal disegno (inv. 2433) dell'invenzione galileiana realizzato da Vincenzo Viviani e da Vincenzo Galilei.
Giovilabio
SALA VII
Strumento in ottone non datato e di autore ignoto. Il Giovilabio è certamente da collegare agli studi compiuti da Galileo per determinare i periodi dei satelliti di Giove, la cui scoperta era stata annunciata nel 1610 nel Sidereus Nuncius, e per stabilire i tempi delle loro eclissi. Galileo capì subito che le eclissi di Giove potevano consentire un metodo preciso per determinare la longitudine. Sullo strumento sono segnate le tavole per i moti medi di ognuno dei quattro satelliti. I due dischi girevoli di diverso diametro, che ruotano, collegati tra loro, grazie a un'asta mobile, permettono di ricondurre al Sole le apparenze dei satelliti osservate dalla Terra (apparenze che appaiono irregolari per via dei moti eliocentrici della Terra e di Giove). Galileo avviò lo studio sistematico dei periodi dei satelliti di Giove nel 1611, sviluppando a tale scopo un micrometro. Lo scienziato pisano produsse tavole dei periodi dei satelliti di Giove che offrì, assieme ai propri cannocchiali, prima al Re di Spagna (1611, 1612, 1616 e 1627-1628) e, poi, (1637-1641) agli Stati Generali d'Olanda. Per convincere gli interlocutori spagnoli che era possibile osservare il sistema di Giove in situazione di instabilità, come sul ponte delle navi, Galileo concepì un particolare strumento, che, per la sua foggia a forma di celata, fu definito celatone. In questa seconda proposta illustrò anche i vantaggi recati dall'applicazione del pendolo all'orologio. Nonostante l'interesse suscitato, nessuna delle proposte galileiane fu accolta. Lo strumento proviene dall'eredità di Leopoldo de' Medici.
Piano inclinato
SALA VII
Questo piano inclinato, munito di cinque campanelle e di un pendolo, è stato concepito per confermare sperimentalmente la legge galileiana di caduta dei corpi. Il dispositivo utilizza un altro importante principio fisico scoperto da Galileo: l'isocronismo dei pendoli di eguale lunghezza. Tale principio è evidenziato dal pendolo collegato al piano, che compie le proprie oscillazioni in tempi eguali. L'esperimento consiste nel far discendere una pallina dal vertice del piano nel momento stesso nel quale si pone il pendolo in oscillazione. Ad ogni successiva oscillazione completa del pendolo, la pallina colpisce una delle campanelle disposte lungo il piano inclinato a distanze via via crescenti, secondo la serie dei numeri dispari. L'esperimento consente non solo di misurare la crescita degli spazi percorsi nella caduta naturale in tempi uguali successivi dalla quiete, ma anche di percepire acusticamente (col suono delle campanelle) l'accelerazione costante durante la discesa.
Non esistono documenti che consentano di affermare che Galileo compì esattamente questo esperimento. Intorno alla metà dell'Ottocento, Giuseppe Bezzuoli, seguendo le indicazioni di Vincenzo Antinori, direttore del Museo di Fisica e Storia Naturale, raffigurò in un affresco della Tribuna di Galileo lo scienziato pisano nell'atto di dimostrare sperimentalmente, mediante un piano inclinato, la legge di caduta dei gravi.